
L'asbesto ha avuto un impatto devastante sulla salute pubblica, e il numero di decessi per amianto in Italia rappresenta ancora oggi una ferita aperta. La consapevolezza dei rischi, insieme a una rigorosa applicazione delle normative e a un'efficace sorveglianza epidemiologica, sarà fondamentale per prevenire ulteriori tragedie e proteggere le future generazioni dal pericolo rappresentato da questo materiale.
Il suddetto materiali è infatti un minerale fibroso ampiamente utilizzato in passato per le sue proprietà di resistenza al calore, all'usura e alla corrosione chimica. Queste caratteristiche lo hanno reso un materiale molto diffuso nell'industria edilizia, navale e automobilistica, fino a quando non sono stati evidenziati i gravi rischi sanitari connessi alla sua inalazione.
Il mesotelioma, una forma aggressiva di tumore maligno, è la principale patologia associata all'esposizione all'amianto. Questa malattia ha una latenza molto lunga, potendo manifestarsi anche dopo 30-40 anni dall'esposizione, il che rende il problema sanitario ancora attuale nonostante il divieto di utilizzo del materiale introdotto ormai da decenni.
Il mesotelioma è un tumore che colpisce il mesotelio, il sottile strato di tessuto che riveste gli organi interni, in particolare i polmoni, il cuore e l'addome. La causa principale di questa neoplasia è l'inalazione o l'ingestione delle fibre di amianto, che, una volta depositate nei tessuti, provocano una reazione infiammatoria cronica e danni al DNA cellulare, conducendo alla trasformazione maligna delle cellule.
Questa malattia ha una prognosi severa: nella maggior parte dei casi viene diagnosticata in fase avanzata, quando le opzioni terapeutiche risultano limitate. I sintomi iniziali sono spesso aspecifici, includendo affaticamento, dolore toracico e dispnea, il che complica ulteriormente una diagnosi precoce. L’alta mortalità del mesotelioma è dovuta alla sua resistenza ai trattamenti convenzionali come la chemioterapia e la radioterapia, rendendo spesso necessario un approccio multimodale.
Secondo il rapporto "Impatto dell’amianto sulla mortalità. Italia, 2010-2020" dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), tra il 2010 e il 2020 si sono registrati in media 1.545 decessi annuali per mesotelioma in Italia, di cui 1.116 uomini e 429 donne. In totale, nel decennio considerato, si sono verificati quasi 17.000 decessi attribuibili a questa patologia. È significativo notare che, in media, 25 decessi all'anno (pari all'1,7%) riguardavano individui di età pari o inferiore ai 50 anni.
Nel bel Paese, il mesotelioma continua a rappresentare un problema sanitario rilevante. Ogni anno si registrano migliaia di decessi attribuibili a questa patologia, con un'incidenza maggiore tra gli uomini rispetto alle donne, a causa della storica esposizione professionale nei settori industriali. I lavoratori maggiormente colpiti appartengono alle categorie della cantieristica navale, dell’edilizia e della manifattura, dove l’amianto veniva impiegato per la coibentazione di strutture e macchinari.
Negli ultimi decenni, l'incidenza della malattia tra le nuove generazioni sta progressivamente diminuendo, grazie alle misure di prevenzione adottate e alla proibizione dell'uso dell'amianto. Tuttavia, il numero di casi resta elevato a causa dell'effetto ritardato della malattia e della presenza ancora diffusa di amianto in strutture ed edifici costruiti prima del divieto.
L'Italia presenta differenze significative nell'incidenza del mesotelioma tra le diverse regioni. Le zone con il più alto numero di decessi sono quelle caratterizzate da un passato industriale legato alla lavorazione dell’amianto, come il Nord-Ovest e le aree portuali e industriali del Centro e del Sud. Le città con una forte tradizione cantieristica, come quelle della Liguria, hanno registrato un numero elevato di casi di mesotelioma, così come le aree del Piemonte e della Lombardia, dove l’amianto è stato utilizzato in numerose fabbriche e impianti industriali.
Anche nelle regioni meridionali si riscontrano casi rilevanti, soprattutto nelle aree in cui si trovano stabilimenti industriali che in passato facevano largo uso di materiali contenenti amianto. La bonifica di questi siti rappresenta una sfida importante per le autorità locali, che devono garantire la rimozione sicura del materiale senza rischi per la popolazione.
Tra i molteplici casi di decessi per amianto in Italia, quello di Franco Di Mare, nato a Napoli il 28 luglio 1955, è stato particolarmente emblematico, poiché si trattava di un giornalista e conduttore televisivo italiano di spicco.
Laureatosi in Scienze Politiche presso l'Università di Napoli Federico II, ha iniziato la sua carriera giornalistica presso la redazione napoletana de "L'Unità". Nel 1991 è entrato in RAI, dove ha lavorato come inviato per il TG2, coprendo i conflitti nei Balcani durante le guerre jugoslave. Successivamente, è passato al TG1, seguendo numerosi conflitti in Africa, Medio Oriente e America Latina. Oltre al ruolo di inviato, Di Mare ha condotto programmi come "Uno Mattina" e "Frontiere", diventando una figura familiare per il pubblico italiano. Nel 2020 è stato nominato direttore di Rai 3, posizione che ha ricoperto fino al pensionamento nel 2021.
Il 28 aprile 2024, durante una partecipazione al programma "Che tempo che fa", Di Mare ha rivelato di essere affetto da mesotelioma, un tumore aggressivo legato all'esposizione all'amianto. Ha attribuito la malattia all'inalazione di particelle di amianto durante il suo lavoro come inviato di guerra, dichiarando: "Ho un tumore molto cattivo, il mesotelioma: si prende respirando le particelle di amianto. Mi rimane poco da vivere ma non è ancora finita".
La notizia ha suscitato un'ondata di sostegno da parte di colleghi e del pubblico. Tuttavia, Di Mare ha espresso delusione per la mancanza di supporto da parte della RAI, affermando che i dirigenti si erano "dileguati". In risposta, i vertici dell'azienda hanno espresso vicinanza e disponibilità, sottolineando il rispetto per la sua carriera e la sua battaglia contro la malattia.
Il 17 maggio 2024, Franco Di Mare è deceduto all'età di 68 anni. La sua scomparsa ha suscitato profondo cordoglio nel mondo del giornalismo e tra il pubblico. I funerali si sono tenuti il 20 maggio nella Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo a Roma, alla presenza di numerosi colleghi, amici e ammiratori.
Il caso di Franco Di Mare ha riportato l'attenzione sui rischi legati all'esposizione all'amianto. Secondo un rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità pubblicato nell'ottobre 2024, tra il 2010 e il 2020 in Italia si sono registrati in media 1.545 decessi all'anno per mesotelioma, con una prevalenza tra gli uomini. Il rapporto evidenzia una diminuzione dei decessi tra gli under 50, attribuita alla legge del 1992 che ha vietato l'uso dell'amianto nel paese.
La vicenda di Di Mare ha sottolineato l'importanza della prevenzione e della sorveglianza sanitaria per coloro che sono stati esposti all'amianto. Ha inoltre evidenziato la necessità di supporto e riconoscimento per le vittime di malattie professionali, nonché l'importanza di ambienti di lavoro sicuri.
Oltre alla sua carriera giornalistica, Di Mare è stato autore di diversi libri, tra cui "Il cecchino e la bambina" (2009) e "Non chiedere perché" (2011), che riflettono le sue esperienze come inviato di guerra. La sua eredità rimane significativa nel panorama giornalistico italiano, sia per il suo contributo professionale che per aver acceso i riflettori sui pericoli dell'amianto e sulle malattie ad esso correlate.
Oltre alle normative vigenti, la prevenzione resta l'arma più efficace contro le malattie legate all'amianto. La sorveglianza epidemiologica svolta dalle istituzioni sanitarie è fondamentale per monitorare i casi di mesotelioma e valutare l’efficacia delle misure di prevenzione adottate.
Le attività di bonifica sono un altro elemento chiave nella lotta contro l'amianto. Gli interventi devono essere eseguiti in conformità con procedure rigorose, che prevedono l'uso di tecnologie avanzate per la rimozione e lo smaltimento sicuro del materiale. Inoltre, è essenziale continuare a sensibilizzare la popolazione sui rischi legati all'amianto, affinché chiunque venga in contatto con questo materiale possa adottare comportamenti sicuri e segnalare eventuali situazioni di pericolo.
Nonostante i progressi fatti, la presenza di amianto in Italia resta un problema complesso. La rimozione completa del materiale dagli edifici e dalle infrastrutture richiederà ancora molti anni, e il rischio di esposizione accidentale rimane una realtà concreta. Le sfide principali riguardano l'identificazione dei siti ancora contaminati, la formazione di personale qualificato per le operazioni di bonifica e la gestione sicura dello smaltimento del materiale rimosso.
Un altro aspetto cruciale è la tutela legale delle vittime dell’amianto. In molti casi, i lavoratori esposti hanno dovuto affrontare lunghe battaglie giudiziarie per ottenere risarcimenti, evidenziando la necessità di procedure più rapide ed efficaci per il riconoscimento dei diritti delle persone colpite.